Futuro?

Futuro?

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22 gennaio 2013 · 19:51

L’indice inadatto.

bob“NON troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni.

NON possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo.

Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.

Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.

Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell’equità nei rapporti fra di noi.

Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.

Può dirci tutto sull’America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani.”

(Robert Kennedy – 18 Marzo 1968)

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Marchionne il colpevole.

A sorpresa, Diego Della Valle, intervenendo con una nota durissima sulla vicenda dell’addio di Fiat a “Fabbrica Italia, non ha lesinato attacchi a John Elkann e Sergio Marchionne:

“Il vero problema della Fiat non sono i lavoratori, l’Italia o la crisi (che sicuramente esiste): il vero problema sono i suoi azionisti di riferimento e il suo amministratore delegato. Sono loro che stanno facendo le scelte sbagliate. Marchionne e Elkann hanno superato ogni aspettativa riuscendo, con alcune righe  a cancellare importanti impegni che avevano preso nelle sedi opportune nei confronti dei loro dipendenti, del Governo e quindi del Paese”.

Mi sento di condividere il pensiero del patron della Tod’s,  d’altronde già un anno fa esprimevo i miei dubbi sull’operato e sulle scelte del manager di Chieti (come si evince qui e qui). Marchionne, ha spesso preferito la “easy way” della delocalizzazione ad altri plan, finendo per snaturare il prodotto Fiat ed esponendo i lavoratori italiani a continue umiliazioni scaricando su di loro altrui colpe. Un vero “furbetto cosmopolita”.

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FED: 3qe

Ben Bernanke, nella giornata di ieri ha annunciato che la FED acquisterà cartolarizzazioni di mutui per 40 miliardi di dollari al mese fino a quando le prospettive del mercato del lavoro statunitense non miglioreranno. Preoccupato dalle stime di crescita dell’economia americana riviste recentemente al ribasso e dalla stazionarietà del tasso di disoccupazione attorno all’8%, il presidente della Federal Reserve, sfruttando forse il rapporto inverso tra disoccupazione ed inflazione, ha promosso il terzo QE (quantitative easing), premettendo ad ogni modo che la politica monetaria non può rappresentare la cura di tutti i problemi economici. Immediatamente il cambio EUR/USD è balzato a cc. 1,31 ed anche i mercati europei hanno profittato della manovra americana dato lo scemare degli spread. Dopo Draghi, anche Bernanke ha risposto presente… Ora la palla passa alla politica troppo a lungo assente.

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Il crollo del reale.

Secondo i dati rilasciati dall’Istat, l’Italia si conferma fanalino di coda delle grandi economie del pianeta. Analizzando i documenti diffusi dall’istituto nazionale di statistica si evince che il prodotto interno lordo ha subito una variazione negativa dello 0,8% nel periodo aprile-giugno 2012 rispetto al trimestre precedente e del 2,6% nei confronti del secondo trimestre 2011. Entrambi i dati si sono rivelati peggiori dello 0,1% rispetto alle stime preliminari diffuse lo scorso agosto. I numeri rivelano impietosamente la realtà: sono crollati i consumi delle famiglia italiane (nel periodo in analisi si è registrata una flessione del 3,5% tendenziale e dell’1% congiunturale). Inoltre urge ricordare che complessivamente l’aria euro ha registrato un calo del PIL dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e dello 0,5% tendenziale, risultati nettamente migliori rispetto a quelli fatti registrare dal belpaese. Dunque, se dal punto di vista dello spread, grazie all’operato di Mario Draghi, la situazione sembra essere migliorata nel confronto con le altre economie europee, continuano a latitare invece le tanto auspicate riforme interne atte a risollevare l’economia reale. Probabilmente, prima di menzionare un ipotetico Monti-Bis, sarebbe opportuno concentrarsi sul contesto reale dell’economia e sul significato, ora vuoto, del termine riforma.

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Italiani e lavoro in nero.

A lungo ho tentato di raccapezzarmi circa le motivazioni che “consentono” all’italiano medio di tollerare passivamente qualsiasi imposizione fiscale e legislativa. Nell’ansiogeno tentativo di risolvere la vexata quaestio ho preso spunto dalle parole del presidente dell’Eurispes Gian Maria Fara circa la composizione del Prodotto interno lordo tricolore.

“In Italia esistono tre tipologie di PIL: uno ufficiale; uno sommerso, pari a 540 miliardi di euro nel 2011 e al 35% del Pil ufficiale; e un Pil criminale che ha superato i 200 miliardi di euro l’anno”.

Nello stivale d’Europa (molto più che in altri paesi) esiste dunque una parte di ricchezza “occulta”, prodotta da transazioni di tipo informale e dall’ inosservanza dei vincoli imposti dalla legge al fine di evitarne gli oneri. Si tratta in buona sostanza di pura evasione, il cui costo, notoriamente ricade sulla collettività. Eppure Milton Friedman, in visita in Italia nel 2001, asserì che

“se il nostro paese si regge ancora è grazie al mercato nero ed all’evasione fiscale che sono in grado di sottrarre ricchezze alla macchina parassitaria ed improduttiva dello Stato per indirizzarle invece verso attività produttive”.

In poche parole, a detta del premio Nobel, l’italiano medio trova la sua valvola di sfogo nel nero più che nella protesta e nel rispetto delle normative. Evadere viene considerato moralmente giusto, data l’asserita improduttività dello Stato. Pertanto, a mio parere, postulata l’ineluttabile correttezza insita nel pagare i costi dello stato a condizione che questo non li gonfi eccessivamente, una buona lotta all’evasione non può prescindere dal riordino e dalla riorganizzazione di quella che Friedman definì “macchina parassitaria ed improduttiva”. Nel medio – lungo termine ne trarremo tutti beneficio.

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Bernanke: il ponte UE-USA

Il governatore della Federal Reserve, Ben Bernanke ricordando che: “la crisi debitoria europea rallenta la crescita economica americana, spaventando gli investitori e indebolendo le esportazioni” ha recentemente  addossato parte della colpa della difficile situazione economica americana all’UE. Caro Ben, sicuro di non confondere causa ed effetto?

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Goldman Sachs – Exit.

Goldman Sachs Group cut its holdings of Italian sovereign debt by 92 percent in the second quarter after boosting them in the first three months of the year. “Market exposure” to Italian government bonds fell to $191 million at the end of June from $2.51 billion at the end of March, the New York-based firm said in a quarterly regulatory filing today. Goldman Sachs also increased its credit-derivative positions on Italy in the quarter, pushing its total market exposure to Italian government and non-government securities to negative $977 million from positive $2.4 billion in March.

Pesa forse più di un downgrade la notizia secondo la quale Goldman Sachs (una delle principali banche d’affari su scala planetaria e quinta maggiore banca americana per asset) ha decrementato drasticamente la propria posizione sul debito italiano. Come si deduce dalla lettura della documentazione presentata trimestralmente dalla stessa banca alla SEC (Securities and Exchange Commission), Goldman Sachs ha ridotto l’esposizione del 92% a 191 milioni di dollari dai 2,51 miliardi di dollari della fine di marzo, invertendo peraltro la tendenza rispetto al primo trimestre dell’anno. Contestualmente la banca americana ha reso noto di essersi protetta dal “rischio Italia” aumentando la sua posizione sui CDS. Insomma, dati alla mano, la pubblic company con sede a New York non credeva (almeno fino al 30 giugno e non è dato sapere se le cose siano cambiate) in una possibile ripresa del Belpaese. Intanto, per evitare che il vaticinio di Goldman Sachs si concretizzi, il governo tecnico ha dato il via alle svendite delle italiche risorse.

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Avviso ai naviganti: non si fa credito.

“Peggiora l’andamento dei prestiti delle banche alle imprese, a giugno (il dato è) ancora negativo, per il secondo mese consecutivo. Il mese scorso i finanziamenti alle società non finanziarie sono diminuiti dell’1,5% (tendenziale dodici mesi), con un peggioramento rispetto al -0,4% segnato a maggio”. (Il Sole 24 ore – 9 agosto 2012)

Quando causa ed effetto si miscelano le conseguenze sono deflagranti. La vexata quaestio è sempre la medesima  (diffusamente qui) e la soluzione non appare prossima. A monte il costo del denaro non è particolarmente elevato, grazie ai tagli sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale fortemente voluti da Mario Draghi ma, a causa di varie disfunzioni nella trasmissione delle politiche monetarie, a valle il discorso muta considerevolmente: il premio al rischio lievita decisamente. Cogliamo tuttavia anche qualche segnale di cauto ottimismo nella flessione del rendimento dei nuovi mutui concessi per l’acquisto della casa  (a giugno al 4,18% dal 4,33% di maggio) e nella flessione dei tassi  sulle nuove erogazioni di credito al consumo scesi rispetto a maggio dello 0,17%. Primi segnali di una lenta, lentissima ripresa?

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Il Draghi sconfitto.

“First of all governments need to go to the EFSF; the ECB cannot replace governments.” Chi, dopo le parole di Draghi del 26 luglio scorso, si attendeva un aiuto concreto da parte dell’Eurotower a sostegno dei PIIGS è rimasto fatalmente deluso. Tassi invariati e nessun chiaro piano di acquisto bond: alle parole non sono seguiti i fatti. Il Ftse Mib è passato in pochi minuti da un positivo +2% ad un allarmante -3.5%, lo spread in violenta ascesa, ha raggiungo quota 500. La sensazione è che agosto sarà un mese caldo, non solo da un punto di vista atmosferico. Entro la fine di settembre, la pressione estiva dovrebbe poi tradursi in una richiesta di aiuti internazionali con consenguente cessione di sovranità (secondo il dictat tedesco) ovvero in una nuova manovra straordinaria. Tutto questo mentre la Confcommercio sottolinea come nel 2012 ci saranno oltre 20 mila chiusure di negozi e “forse la stima potrebbe essere anche ottimistica”. Oggi Draghi ha segnato il passo. Mala tempora currunt. Ancora.

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