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Keynes, la Germania e la Grecia

“Ogni volta che qualcuno taglia la sua spesa, sia come  individuo, sia come Consiglio Comunale o come Ministero, il mattino successivo sicuramente qualcuno troverà il suo reddito decurtato; e questa non è la fine della storia. Chi si sveglia scoprendo che il suo reddito è stato decurtato o di essere stato licenziato in conseguenza di quel particolare risparmio, è costretto a sua volta a tagliare la sua spesa, che lo voglia o meno… Una volta che la caduta è iniziata, è difficilissimo fermarla”. Keynes Dixit.

Alla luce di quanto letto, occorre chiedersi se l’austerità imposta dalla Germania all’Europa  periferica e non solo, rappresenti un passo verso la luce in fondo al tunnel o una spinta verso il baratro del fallimento. Un invito alla riflessione, ognuno tragga le proprie conclusioni. Non omettiamo di rimembrare però, che l’austerity – di stampo teutonica – imposta alla Grecia, non ha portato fin qui i risultati sperati. In nottata, il default ellenico è stato rimandato solo grazie alla concessione di un ulteriore prestito di 130 miliardi di Euro da parte della Troika, che si aggiungono ai 110 miliardi concessi nel maggio del 2010 (poi divisi in varie tranches). Aiuti su aiuti per salvare un paese tecnicamente fallito o per assicurare ai tedeschi il rimborso della loro quota di debito greco?

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Default o non default?

Default o non default? L’ interrogativo che imperversa sulle borse di tutto il mondo sembra
una novella rivisitazione ellenica dell’essere o non essere di Shakespeariana memoria. José Manuel Barroso non ha esitato a ribadire la posizione della commissione UE: La Grecia deve rimanere nell’Euro in quanto il prezzo di una sua uscita dalla moneta unica sarebbe maggiore rispetto al costo del suo salvataggio. In tale prospettiva va inquadrato l’atteggiamento della Bce che avrebbe concesso la propria disponibilità ad accettare un haircut di 11 miliardi di euro dei crediti vantati nei confronti di Atene, a condizione che l’esecutivo di Papademos riesca a far approvare dal Parlamento il piano di austerity voluto dall’ Europa  (che porterà seco, tra l’altro, la soppressione di 15.000 posti di lavoro pubblici – il 10% del totale). Misure che, tra l’altro, dovrebbero rappresentare anche una delle condizioni necessarie imposte dalla Troika per il rilascio del nuovo piano di aiuti da 130 miliardi. In tutto ciò, le borse scommettono sulla resistenza del paese ellenico ed il premier italiano Monti si preoccupa di ribadire che le conseguenze di un eventuale default greco sarebbero minime per il nostro paese. Ai posteri l’ardua sentenza, consci che ogni nodo dovrà essere risolto prima della dead line del 20 marzo,  data di scadenza di 14,4 miliardi di bond ellenici, impossibile da rifinanziare senza accordo.

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