Archivi del mese: febbraio 2012

Gli stipendi che non crescono.

Da ultimo anche l’opinione pubblica pare essersi destata dando giusta evidenza a quello che sembra essere uno dei maggiori dilemmi del nostro paese: il (non)valore degli stipendi dei dipendenti. I dati Eurostat pertinenti ai redditi medi lordi rilevati nel 2009 appaiono lampanti:

 

PAESE e  RETRIBUZIONE LORDA ANNUA:

Lussemburgo 48.914,

Paesi Bassi 44.412,

Germania 41.100,

Belgio 40.698,

Irlanda 39.858,

Finlandia 39.197,

Francia 33.574,

Austria 33.384,

Spagna 26.316,

Grecia 29.160,

Cipro 24.775,

ITALIA 23.406,

Portogallo 17.129,

Slovenia 16.282,

Malta 16.158,

Slovacchia 10.387.

A corredo di questa sconfortante statistica è doveroso rammentare che rispetto ai dati del 2005 l’aumento della retribuzione lorda annua nel Belpaese si è attestato solo attorno 3,3%, a dispetto del +29,4% spagnolo, del +22% portoghese ma soprattutto del +6,2% tedesco e del +10% francese. Un incremento talmente flebile, da far sembrare un (più o meno) ordinario tasso d’inflazione un opprimente patibolo. Ancora una volta, in Italia, è la crescita la grande assente.

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Keynes, la Germania e la Grecia

“Ogni volta che qualcuno taglia la sua spesa, sia come  individuo, sia come Consiglio Comunale o come Ministero, il mattino successivo sicuramente qualcuno troverà il suo reddito decurtato; e questa non è la fine della storia. Chi si sveglia scoprendo che il suo reddito è stato decurtato o di essere stato licenziato in conseguenza di quel particolare risparmio, è costretto a sua volta a tagliare la sua spesa, che lo voglia o meno… Una volta che la caduta è iniziata, è difficilissimo fermarla”. Keynes Dixit.

Alla luce di quanto letto, occorre chiedersi se l’austerità imposta dalla Germania all’Europa  periferica e non solo, rappresenti un passo verso la luce in fondo al tunnel o una spinta verso il baratro del fallimento. Un invito alla riflessione, ognuno tragga le proprie conclusioni. Non omettiamo di rimembrare però, che l’austerity – di stampo teutonica – imposta alla Grecia, non ha portato fin qui i risultati sperati. In nottata, il default ellenico è stato rimandato solo grazie alla concessione di un ulteriore prestito di 130 miliardi di Euro da parte della Troika, che si aggiungono ai 110 miliardi concessi nel maggio del 2010 (poi divisi in varie tranches). Aiuti su aiuti per salvare un paese tecnicamente fallito o per assicurare ai tedeschi il rimborso della loro quota di debito greco?

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Immagini esclusive della farfallina di Belen

Vero Titolo: Liquidità illiquida

Giovanni Floris, nel corso della puntata di Ballarò del 14 febbraio, ha lanciato un servizio inerente i prestiti concessi dall’istituto governato da Mario Draghi agli istuti di credito europei, ricordando che “l’ Europa i soldi non li chiede solo, li da anche“. Dalla visione dello stesso si è potuto dedurre come dei  489 miliardi che la BCE ha messo a disposizione delle banche commerciali (di cui 40 destinati alle sole banche italiane), solo una minima parte ha raggiunto l’economia reale. Sulla questione è intervenuto lo stesso Draghi, giustificando l’aumento repentino dei depositi delle banche europee presso la BCE assumendo che: “Nell’insieme le banche che hanno preso a prestito denaro dalla Bce non sono le stesse che stanno depositando denaro nella deposit facility della Bce”.  Dal mio punto di vista, forse superficiale, l’azione delle banche è correlata all’aumento delle loro sofferenze, che secondo stime di BankItalia a fine novembre 2011 sono aumentate del 40%. Data la congiuntura negativa, le banche commerciali (in primis quelle italiane) si dimostrano restie ad immettere liquidità nel mondo reale in quanto considerato maggiormente rischioso e non remunerativo. Pertanto anche l’irrazionale perdita alla quale vanno incontro depositando denaro ad un tasso inferiore rispetto all’interesse al quale lo hanno preso in prestito dalla BCE, assurge a carattere razionale. Tra i due mali, si sceglie quello minore.

P.S. L’immagine ed il titolo sono puramente provocatori. Sono convinto che questo sarà l’articolo con il maggior numero di visite.

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Il consenso europeo di Monti

La sensazione è che chiunque verrà dopo di lui, non potrà mai essere alla sua altezza. Siamo passati dal “la suggerirò per il ruolo di kapò” di berlusconiana memoria agli scroscianti applausi riservati a Mario Monti. A Strasburgo il premier italiano ha saputo raccogliere il consenso (quasi) unanime dell’Europarlamento. Apprezzamento tale che il capogruppo dei Liberaldemocratici, l’ex premier belga Guy Verhofstadt non ha potuto fare a meno di chiedergli: “Quando avrà concluso il suo lavoro in Italia, potrebbe andare in Grecia a risolvere anche lì i problemi che ci sono?“. Impagabile.

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Primi passi.

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14 febbraio 2012. Il San Valentino borsistico si è aperto con la notizia del downgrade di Moody’s nei confronti del debito italiano. Un declassamento largamente atteso che non ha stupito alcun operatore. A calamitare l’attenzione dei media sono state invece le 3 aste dei Btp con scadenza compresa tra il 2014 ed il 2017. Nello specifico i Btp con scadenza 11/2014 sono stati collocati ad un tasso del 3,41%, con Bid to cover a 1,42. 686 milioni di Euro in titoli con scadenza 11/2005 hanno scontato un rendimento del 3,77% (bid to cover 2,36) ed infine i Btp con scadenza febbraio 2017 sono stati immessi sul mercato con un premio al rischio del 4,26% (Bid to cover 1,70). Se confrontati con i dati risultati dalla ultime aste i risultati appaiono positivi. In attesa di valutare l’impatto che l’evoluzione della sfiancate situazione greca avrà sui mercati dell’ Eurozona, l’Italia sembra riuscire a muovere i primi timidi passi in avanti (ma la strada è ancora lunga)

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Dalle stalle alle stelle

Per la stampa estera siamo passati dalle stalle alle stelle. Da PERICOLO a speranza di SALVEZZA per l’ Europa.

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Default o non default?

Default o non default? L’ interrogativo che imperversa sulle borse di tutto il mondo sembra
una novella rivisitazione ellenica dell’essere o non essere di Shakespeariana memoria. José Manuel Barroso non ha esitato a ribadire la posizione della commissione UE: La Grecia deve rimanere nell’Euro in quanto il prezzo di una sua uscita dalla moneta unica sarebbe maggiore rispetto al costo del suo salvataggio. In tale prospettiva va inquadrato l’atteggiamento della Bce che avrebbe concesso la propria disponibilità ad accettare un haircut di 11 miliardi di euro dei crediti vantati nei confronti di Atene, a condizione che l’esecutivo di Papademos riesca a far approvare dal Parlamento il piano di austerity voluto dall’ Europa  (che porterà seco, tra l’altro, la soppressione di 15.000 posti di lavoro pubblici – il 10% del totale). Misure che, tra l’altro, dovrebbero rappresentare anche una delle condizioni necessarie imposte dalla Troika per il rilascio del nuovo piano di aiuti da 130 miliardi. In tutto ciò, le borse scommettono sulla resistenza del paese ellenico ed il premier italiano Monti si preoccupa di ribadire che le conseguenze di un eventuale default greco sarebbero minime per il nostro paese. Ai posteri l’ardua sentenza, consci che ogni nodo dovrà essere risolto prima della dead line del 20 marzo,  data di scadenza di 14,4 miliardi di bond ellenici, impossibile da rifinanziare senza accordo.

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Un nuovo inizio

Ho appena scoperto che tutte le immagini presenti sul mio precedente blog(spot) sono state sostituite da un triangolo nero (che campeggia in tutti i post sottostanti). Nell’attesa di comprendere le motivazioni di questi cambiamenti non voluti, per prevenire ulteriori problematiche, ho deciso di cambiare piattaforma, passando da blogger a wordpress. Un nuovo inizio. Spero che vi possiate abituare velocemente alle novità presenti e continuiate a visitare questo spazio anche in futuro. Grazie. Di cuore.

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MonotoniAWN

Prendere posizione sulla diatriba scaturita dalle dichiarazioni del primo ministro italiano Mario Monti inerentemente la definizione di posto di lavoro fisso e la sua eventuale “monotonia” non è semplice. Sussistono argomentazioni valide a sostegno di ogni fazione. Il posto fisso rappresenta un valore ovvero un anti-valore? Aumenta la produttività oppure la lede? Personalmente, ritengo che il punto focale della discussione debba esulare da una mera considerazione economica o macroeconomica. Spesso una teoria, per quanto funzionale sulla carta, incespica in forti resistenze nella sua applicazione empirica. Appare però indubbio che solamente chi ha stipulato un contratto di lavoro a tempo indeterminato ha la possibilità di accedere ad un mutuo, permettersi una casa, una famiglia, spendere, muovere l’economia ed in ultima analisi consumare. In questa prospettiva il posto di lavoro fisso assurge al rango di ricchezza-valore, purché non finisca con il minare la produttività del lavoratore fisso, che deve ben guardarsi dal cullarsi sugli allori. In tal senso, l’applicazione di un principio meritocratico, che discrimini tra lavoratori fissi attivi e lavoratori fissi passivi appare una soluzione meritevole, seppur di difficile implementazione, in contesto frastagliato come quello nazionale. Troppo radicata appare una certa cultura clientelare in diverse zone del paese, che finisce per premiare, non il più meritevole quanto il più furbo. Eppure, vale la pena lottare per un posto fisso, vale la pena tentare di stimolare la crescita anche attraverso l’implementazione di misure atte alla diffusione di contratti a tempo indeterminato e non solo a tempo determinato, purché non si giunga al lassismo che in alcuni casi contraddistingue la PA. Non è sempre bene minare sicurezze.

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