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Goldman Sachs – Exit.

Goldman Sachs Group cut its holdings of Italian sovereign debt by 92 percent in the second quarter after boosting them in the first three months of the year. “Market exposure” to Italian government bonds fell to $191 million at the end of June from $2.51 billion at the end of March, the New York-based firm said in a quarterly regulatory filing today. Goldman Sachs also increased its credit-derivative positions on Italy in the quarter, pushing its total market exposure to Italian government and non-government securities to negative $977 million from positive $2.4 billion in March.

Pesa forse più di un downgrade la notizia secondo la quale Goldman Sachs (una delle principali banche d’affari su scala planetaria e quinta maggiore banca americana per asset) ha decrementato drasticamente la propria posizione sul debito italiano. Come si deduce dalla lettura della documentazione presentata trimestralmente dalla stessa banca alla SEC (Securities and Exchange Commission), Goldman Sachs ha ridotto l’esposizione del 92% a 191 milioni di dollari dai 2,51 miliardi di dollari della fine di marzo, invertendo peraltro la tendenza rispetto al primo trimestre dell’anno. Contestualmente la banca americana ha reso noto di essersi protetta dal “rischio Italia” aumentando la sua posizione sui CDS. Insomma, dati alla mano, la pubblic company con sede a New York non credeva (almeno fino al 30 giugno e non è dato sapere se le cose siano cambiate) in una possibile ripresa del Belpaese. Intanto, per evitare che il vaticinio di Goldman Sachs si concretizzi, il governo tecnico ha dato il via alle svendite delle italiche risorse.

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Italia e Giappone, chi rischia il default e chi no.

Per quale motivo un paese come il Giappone che ha un rapporto debito/Pil maggiore del 200% (oltretutto in forte crescita) non è ritenuto a rischio fallimento, mentre il Belpaese il cui rapporto debito/Pil è di molto inferiore a quello nipponico, potendo vantare anche un avanzo primario di bilancio, secondo i mercati ha una probabilità stimata attorno al 35% di dichiarare Default nei prossimi 5 anni?

Una risposta potrebbe trovarsi nelle parole del neo-premio Nobel Cristopher Sims, (riprese dal sito http://www.adviseonly.com) secondo il quale l’abilità di un Paese di stampare moneta è la garanzia che il suo debito verrà sempre ripagato: le banche centrali nascono con il ruolo cruciale di “prestatrici di denaro d’ultima istanza” e garanti della stabilità. I Paesi dell’area Euro hanno perso questo privilegio e la BCE non ha, al momento, questo ruolo.

Come già anticipato in un precedente post, occorre forse, una riforma statutaria che renda la BCE più simile alla banca centrale americana.

Serve una stamperia.

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L’ingiustizia globalizzata

Il crescente e dominante potere esercitato sulla politica dalla finanza, a lungo sopportato e supportato da eminenti onorevoli ovvero farfuglianti politicanti, radica il suo credo su un patto illusorio, su un equilibrio instabile. (Dis)Equilibrio scaturente dall’egemonia capitalista finanziaria, capace di muovere mari e monti. Alla finanza il mondo, al mondo (solo alla parte più informata) crescente ricchezza. Ricchezza basata sul debito. A chiunque le regole sono imposte, eccetto alla finanza, che se le (auto) impartisce. Data la loro competenza tecnica, le regole della finanze le scrivono e propongono gli esperti di finanza stessi. Il re che coincide con il suddito non si cura dello schiavo, che percosso dalla frusta del passivo, porta il peso del debito altrui. Il debito di chi ha gestito lo straordinario con mezzi ordinari, sfidando le leggi di Crono, queste si, infallibili. Perché i debiti prima o poi si devono saldare, ma a pagarli spesso non è chi li contrae, ed il diniego di questa regola è derivato della globalizzazione. Per rimanere a galla, tutti devono saldare, alienare quota parte della vita, diversamente il sistema paese palesa scarsa competitività e nella palude affonda inesorabile. La finanza cosi inabissa il diritto e ci ricorda che la giustizia oggi si basa sui conti. L’ingiustizia globalizzata.

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